Nella Divina Commedia c'è un tema essenziale: la maestà divina eterna e perfetta con la contrapposizione delle cose umane fragili e soggette al deperimento.

Oderisi da Gubbio dice a Dante che la gloria terrena è come un vento instabile che cambia sempre direzione e che è fallace, per cui se si muore giovani (“ai tempi del pappo e dindi”) o si muore vecchi è la stessa cosa, perché dopo mille anni nessuno si ricorderà più di noi. Infatti, dice, Cimabue fu superato da Giotto; così Guido Cavalcanti è stato superato da Guinizzelli e forse c'e chi li supera entrambi. E così Franco Bolognese ha superato Oderisi da Gubbio, per ammissione di quest'ultimo. Oderisi fa un altro esempio: "colui che sta davanti a noi era famoso a tutta la Toscana, e ora non è più ricordato". Nel paradiso il trisavolo Cacciaguida ricorda a Dante la scomparsa di città importanti come Luni, Urbisaglia, Chiusi, Senigallia.

Ma ha ragione Dante? Veramente dopo mille anni si perde il ricordo delle persone umane? Dovremmo dire di no, perché a 700 anni dalla sua scomparsa Dante è ben ricordato, tanto è vero che una possibile traccia di esame di maturità riguarda Lui. Si può obiettare che dalla morte di Dante sono passati 700 anni e non 1000, quindi ce ne sono trecento nei quali potrebbe accadere qualcosa che veramente va a cambiare la cultura dell'uomo e a cancellare il ricordo di Dante (speriamo di no). Si può controbiettare che in questi 700 anni lo studio dell'opera dantesca ha subito anche delle repressioni: Dante è stato sempre popolare durante la sua vita, è stato odiato ma anche glorificato. Famiglie come i Malaspina e i Cangrande della Scala lo ospitavano con onore e la sua opera ha destato subito molto interesse. La divina commedia ha avuto sempre commentatori come Pier di Dante, l'Ottimo, il Lana, il Buti, il Vellutello. Dante era molto amato da Boccaccio e da Alfieri. Con l'umanesimo e con il primo rinascimento, nel secolo successivo, le opere di Dante rappresentavano un culto. Nel 1472 l'editore Campi di Foligno stampa il capolavoro di Dante, ma dopo il 1545, con la controriforma, l'opera di Dante viene messa in disparte. Sono tempi di difesa della chiesa, che ha subito riforme e scismi, la Chiesa diventa guardinga, quasi poliziesca, e si difende, per cui Dante subisce anche delle critiche: chi è lui per giudicare se un personaggio deve andare in paradiso o all'inferno? Come si permette Dante di condannare Celestino V fra gli ignavi, Anastasio II tra gli eretici, Niccolò III, Bonifacio VIII, Clemente V e Giovanni XXII tra i simoniaci, Adriano V fra gli avari, Martino IV fra i golosi? Come si permette Dante di chiamare due papi uno il guasco e uno il cahorsino?

Le cose non andarono meglio nel '700, l'epoca dell'illuminismo. Come era concepibile che la ragione fosse sottomessa alla fede? Voltaire criticava la divina commedia e diceva che era incomprensibile. Per forza, la divina commedia non si presta a una lettura superficiale, ma richiede approfondimento. Voltaire non poteva capire il significato del pellicano, del quaderno e della doga, né poteva capire chi fosse Griffolino o Albero da Siena (si chiama proprio così). Ma nell'800 la figura di Dante diventa maestosa, sia per gli influssi del romanticismo, sia per le spinte risorgimentali che dovevano portare all'unità d'Italia. Niccolò Tommaseo, un famoso letterato della Dalmazia, definiva la divina commedia come la Bibbia degli italiani. Dante è stato studiato proprio per formare questa coscienza nazionale, quindi sono moltissimi i critici di valore che analizzano parola per parola, e anche le virgole, di quello che è considerato il sommo poeta.

La divina commedia è tradotta anche in inglese da Gabriele Rossetti e in tedesco da Scartazzini (pastore protestante svizzero). La chiesa, che era stata molto fredda con Dante ai tempi della controriforma, invece ora lo abbraccia e il papa Leone XIII Pecci istituisce una cattedra dantesca. Per la cronaca, il primo insegnante fu monsignor Giovanni Battista Poletto. Analogamente, lo stato italiano ribadisce la sua ammirazione per Dante e con Benedetto Croce, allora ministro della pubblica istruzione, istituisce una cattedra dantesca. Nel 1965, settimo centenario della nascita di Dante, le poste italiane emettono una serie commemorativa di quattro valori. Le città d'Italia, anche i piccoli comuni, hanno spesso una via dedicata a Dante, e ci sono anche molti monumenti d'Italia. Io voglio ricordare il monumento di Cerare Zocchi, a Trento, come segno di italianità in opposizione all'Austria. Sono tanti i posti in Italia ricordati da Dante e tanti i posti che conservano una traccia di quei versi. Io abito nella provincia di Viterbo e voglio ricordare la chiesa di San Silvestro dove nel 1271 Guido di Montfort uccise il cugino re di Inghilterra, la tomba di Giovanni XXI nel duomo di Viterbo (Pietro Ispano), il pulpito di San Tommaso d’Aquino, il ruscello Bullicame (peccatrici o pettatrici che Dante vide nella sciagurata visita a Roma del 1301), la chiesa di San Francesco della rocca dove c'e anche la tomba di Clemente IV e Adriano V. Non lontano è il lago di Bolsena, le cui anguille tanto piacevano al papa Martino IV.

Adesso Dante è ancora popolare: quando pensiamo al contemporaneo, basta pensare che c'e ancora la società nazionale Dante Alighieri (1889). Dante non ha avuto molta risonanza nella cinematografia, l'opera è troppo complessa per essere trasformata in film, anche se esiste un film muto del 1911  sull'inferno di Dante. Personaggi dell'inferno come Francesca da Rimini hanno ispirato musicisti lirici come Zandonai. Dante è prezioso soprattutto per la storia minuta dell'Italia. Il popolo, le abitudini, sono preziose descrizioni, per esempio, del gioco della Zara tipico del medioevo, o del popolino come Cianghella e Lapo Salterello. Preziosa è la sua testimonianza delle varie dinastie che c'erano allora in Italia e nell' Europa centrale, come gli Asburgo, i Monferrato, Enrico di Inghilterra. È un compendio di storia e geografia del 14esimo secolo. Detto questo, può svanire la memoria di Dante? Io non credo. Dante è amato e studiato anche al di fuori dell'Italia e se ne riconosce l'attualità. C'è qualche punto un po' critico, che è il rapporto con l'Islam. Dante non è tenero con Maometto e con Alì, messi tra i seminatori di discordie e scismi (28° canto), così il Saladino era in disparte nel limbo. Ma è concepibile che ci sia una tale rivoluzione culturale da cancellare tutto un patrimonio di cultura europea? In momenti in cui c'è una distensione tra le religioni monoteiste, comunque la presenza di questa traccia tematica ad un esame fondamentale come quello di maturità indica l'attenzione del Ministero per la difesa di questo nostro patrimonio.  Dobbiamo poi ricordare le centinaia di link youtube con voci eterne come quelle di Vittorio Gassman e Roberto Benigni...

        Dante è immortale, ma sono immortali gli Uomini buoni, laboriosi, legati alla Famiglia, perché Essi hanno raggiunto l'amor che move il sole e l'altre stelle