…strade che in poco più di un secolo – tra il 1860 ed il 1985 – hanno reso agevole l’accesso a Salerno da nord-ovest.

Fino ad allora a Salerno si arrivava attraverso i valichi esistenti tra le colline che la separano dalla valle Metelliana e dalla valle dell’Irno.

        La panoramica racchiude tre epoche diverse per tecnologia costruttiva impiegata per il superamento di incisioni e di dislivelli, oltre che un’esemplare utilizzazione della tecnica stradale più consueta per l’epoca, consistente nel ricavare la sede stradale tagliando la roccia lungo i fianchi dei rilievi, come nel caso della bellissima Strada Statale n. 18, Tirrena Inferiore, nel tratto Vietri-Salerno.

       Non sono rari gli esempi di dislivelli anche notevoli superati con ponti in muratura, ma soltanto la struttura composta di piloni e travate di grande lunghezza hanno consentito di superare gli oltre trenta metri tra la Strada Statale n. 18, Tirrena Inferiore al km 51,700 - dove si era sviluppato, alla fine del 1800 il rione Olivieri - e via Ligea, con la lunghezza massima possibile in quel pezzo di territorio e con la pendenza massima consentibile per la circolazione di autoveicoli per il trasporto di merci.

       Altri documenti ormai consegnati agli archivi storici, illustrano il bellissimo viadotto ferroviario in pietrame  calcareo e mattoni di argilla ed il susseguirsi di ponti ad arco – il primo assolutamente particolare perché ad asse curvo, il secondo, quello sul vallone Caiafa coprente una luce di m. 106 – in cui il cemento armato ha reso possibili autentici gioielli di architettura, inseriti fin dagli anni 50 del secolo scorso nel tracciato dell’allora autostrada Cava-Salerno, poi connessa con la Napoli-Pompei.

       Infine il cemento armato precompresso, introdotto in Italia negli anni 60 del secolo scorso, è il protagonista dell’opera più recente, ultimata nel 1985, nella quale soltanto una tale tecnica - ha consentito il superamento del dislivello sopra richiamato ottimizzando il rapporto lunghezza campate/altezza piloni e, di conseguenza, il costo dell’opera.

 

Premessa

L’intera opera ha inizio ove termina il viadotto su pile/paretine costruito negli anni ’60 dall’ ANAS come ultimo tronco della circonvallazione di Salerno in variante alla SS 18 per evitare l’attraversamento della città.

Invero il progetto originario era stato redatto da Ingegneri salernitani (Centola, Marano, Martino) su incarico del Comune e l’opera era stata realizzata nel tratto tra il rione Carmine (via Marino Paglia) e la sponda destra del vallone Fusandola, comprendente la galleria che si sviluppa lungo un fianco del Monte Bonadies (Castello) alle spalle dell’Orfanotrofio “Umberto I” - poi Conservatorio di musica - ed il ponte in muratura di pietrame calcareo, a cinque arcate, che supera il vallone stesso.

Fu l’Amministrazione provinciale a realizzare tale opera, terminata nella prima metà del 1954.

Il tronco successivo fu costruito dall’ANAS e comprende il tratto a mezza costa ed il ponte sulla ferrovia Salerno – Cava – Napoli.  

Progettata come circonvallazione di Salerno l’opera sarebbe terminata con un innesto “a forchetta” sui due lati della Strada statale n. 18.

Agli inizi degli anni ’60 l’intervento del neonato Consorzio per l’Area di Sviluppo industriale, i primi insediamenti industriali ed i connessi traffici di materie prime e prodotti finiti, oltre a determinare la decisiva accelerazione nella costruzione del porto, indussero alla decisione di proseguire la circonvallazione fino al piano di banchina.

Pertanto, mentre l’ANAS sospese i lavori, subentrò ad essa la Cassa per il Mezzogiorno che finanziò il prolungamento della circonvallazione fino al porto conservando alla strada  la funzione di circonvallazione grazie al raccordo tra essa e la SS 18 in corrispondenza del rione Olivieri.

(Un consiglio: chi non voglia addentrarsi in esposizioni di tecnica costruttiva, può saltare a pag. 17 dove si riprende il…racconto della esecuzione, senza trascurare, però, la documentazione fotografica che racchiude “pezzi” di storia di Salerno, di cui qui si riportano le foto n.13  e n. 15)

omissis, fino a pag. 16…

…………………..Continua da pag. 17

 

I tempi, il costo, la squadra

            Interessante per questo “racconto” è soltanto il tempo impiegato nella realizzazione concreta.

            E’ evidente che altro, e non poco, fu il tempo preparatorio che, certamente, iniziò nel corso del 1968, con l’incarico, la progettazione, l’istruttoria ai varî livelli delle Istituzioni competenti: Consorzio per l’Area di sviluppo industriale di Salerno, Comune di Salerno, Cassa per il Mezzogiorno, in ciascuna delle quali l’esame del progetto e le sue implicazioni giuridiche, amministrative, economico-finanziarie richiese il coinvolgimento di diverse strutture interne e non.

            Né è trascurabile, anche, la partecipazione di cittadini, ed associazioni di diverse ispirazioni e finalità oltre, ovviamente, i passaggi nella sede delle rappresentanze democratiche, essenzialmente il Consiglio comunale di Salerno.

            In effetti, esperita la gara d’appalto presso il Comune di Salerno, perfezionata la documentazione relativa ai rapporti con la Impresa aggiudicataria, avviata la procedura per l’acquisizione dei suoli occorrenti, installatasi l’organizzazione del cantiere, i lavori ebbero inizio nei primi mesi del 1975.

            Com’è, d’altra parte, evidente che soltanto dopo l’aggiudicazione dei lavori l’Impresa fu in grado di sviluppare – com’era previsto nel Capitolato speciale d’appalto, redatto sul modello CasMez – i calcoli statici ovviamente intrecciantisi con le indagini geognostiche, opportunamente aggiornate ed integrate rispetto a quelle che erano state poste alla base del progetto.

            Di quest’ultimo aspetto si è fatto cenno ove cadeva a proposito.

            Quanto all’organizzazione del cantiere occorre dire che, come è anche rilevabile da alcune delle fotografie che illustrano questo testo, nello stesso periodo erano stati ripresi con intensità i lavori di costruzione del porto commerciale ad ovest della città, ove prima si sviluppava la spiaggia e pressoché  fino a dove questa terminava per essere sostituita dalla costa alta e rocciosa delimitata dalla torre medievale di avvistamento costiero, divenuta “la Cristarella” come denominata dai privati proprietari.

            I lavori di costruzione del porto erano stati affidati fin dagli anni ’50 del 1900 alla Impresa della Società Italiana per Condotte d’acqua, presente a Salerno fin dal 1917 quale concessionaria della gestione  - oltre che della costruzione – dell’acquedotto comunale.

            La “Condotte”, come è entrata nel gergo corrente la predetta Società, negli anni aveva assunto le dimensioni e la struttura di “Gruppo” del quale fin dal periodo che ci interessa era importante componente la “P.Cidonio S.p.A.” che si aggiudicò l’appalto per la costruzione del viadotto, venendosi così a costituire una coincidenza territoriale dei due cantieri.

            Le “economie di scala” resero possibile l’offerta di un ribasso decisamente alto grazie al quale la P.Cidonio S.p.A. si aggiudicò l’appalto, per un importo contrattuale di circa  £  1.000.000.000.

            In corso d’opera, come si vedrà nella descrizione, le indispensabili precisazioni esecutive resero necessarie due perizie di variante e suppletive per il cui finanziamento anzitutto si utilizzò l’impegno del ribasso d’asta ottenendo,poi, dalla Cassa per il Mezzogiorno l’ulteriore finanziamento.

            E’ il caso di far presente che all’epoca vigeva il riconoscimento della “revisione prezzi” a mezzo della quale si perseguiva il mantenimento delle condizioni macro-economiche riscontrate all’atto della formulazione dell’offerta, soprattutto per quanto attiene al costo della mano d’opera. E’evidente come l’incidenza della revisione sia crescente in funzione del tempo.

            Nel nostro caso effettivamente il fattore tempo, con una crescita assolutamente indipendente da cause attribuibili all’Impresa esecutrice, fu decisivo nell’incremento del costo finale dell’opera, che sarà esposto.

            Si inseriscono qui, perciò, le memorie di due eventi, omogenei nella loro natura, che con le complicazioni che si presentarono nei rispettivi successivi sviluppi determinarono un incremento del tempo occorso per l’ultimazione delle opere di oltre sei anni, rispetto al tempo contrattuale

Soltanto questo, opportunamente incrementato in occasione della approvazione delle perizie di variante e suppletiva per tener conto del maggior importo, aveva raggiunto i 1.500 giorni circa.

            Il distacco di massi dal costone sovrastante palazzo Arenella

            Il 6 Giugno1976 allorquando il cantiere era in piena attività per le fondazioni dei piloni dell’estremità ovest, si verificò il distacco di un grosso macigno dal costone roccioso a valle della SS 18, in corrispondenza del Palazzo Arenella, prospettante su via Ligea, a distanza di alcune decine di metri dai siti di imposta delle fondazioni delle pile nn. 5 e 6.

            Il Palazzo Arenella subì seri danni e ne fu ordinato lo sgombero.

            Allo scopo di accelerare le relative operazioni, l’Amministrazione comunale dispose la sospensione della prevista demolizione della scuola materna – ubicata nell’area destinata alla pila n. 4 – per destinarla a ricovero provvisorio delle famiglie.

            Purtroppo si proiettarono a lungo le conseguenze dell’evento.

Tecnico/Legali: accertamenti sulla statica del fabbricato di cui era andato distrutto un solaio di copertura dello stenditoio esteso sull’intera terrazza (presumibilmente destinato ad una vera e propria soprelevazione non realizzata all’epoca della costruzione) perizie geologiche, interventi di consolidamento del costone.

Amministrative: ricerca disponibilità di alloggi alternativi per le undici famiglie sgomberate.

            Il cantiere ed il programma dei lavori subirono inevitabile sconvolgimento con l’inversione perfino delle zone di intervento per cui fu necessario attrezzare il cantiere per la costruzione del tratto a mezza costa a monte della strada statale ed iniziarvi le operazioni.

            In definitiva la sospensione parziale durò circa due anni.

            Il distacco di massi dal costone sovrastante la spalla ovest (lato Vietri)

            L’analogo evento si verificò qualche anno più tardi e in questo caso conseguenza immediata fu la distruzione di tre travi pronte per il varo nel parco travi fin dall’inizio dei lavori e il parco era sistemato proprio nell’area adiacente alla spalla ovest del viadotto.

            L’area ricade nelle competenze del Demanio Marittimo presso la Capitaneria di porto di Salerno che emise ordinanza di divieto di qualunque frequentazione, fino al raggiungimento di condizioni di sicurezza.

            Invero analogo orientamento fu assunto anche dalla Commissione di collaudo nominata dalla Cassa per il Mezzogiorno che escluse la possibilità di emettere certificato di collaudo per l’intera opera fino alla attuazione delle stesse condizioni di sicurezza.

            In questo caso il prolungamento del tempo fu ben maggiore del precedente.

            Di fatto i lavori poterono continuare nelle zone ben lontane da quella interdetta dall’ordinanza della Capitaneria – tratto a mezza costa, piazzale di raccordo, completamento delle paretine ai fianchi della sede stradale, fino, addirittura, alla pavimentazione stradale previo l’inserimento dei giunti strutturali e di dilatazione.

            Fu opportuno procedere alla certificazione dell’ultimazione dei lavori talchè l’Impresa smontò il cantiere.

L’opera, ultimata parzialmente e così collaudata rimase utilizzabile limitatamente al tronco dal raccordo con la Strada statale - via B.Croce – al preesistente tronco della circonvallazione di Salerno: se ne ebbe l’apertura al traffico nel Maggio 1985 costituendo alternativa alla circolazione veicolare nel Centro della Città che fu sospesa in occasione della visita a Salerno di S.S. il Papa Giovanni Paolo II.

            Il breve tronco oltre la spalla ovest fu costruito negli anni 1987-’88 da altra Impresa, e Il Comune di Salerno utilizzò risorse finanziarie proprie per provvedervi.

            E’ a tale periodo che deve fissarsi il completamento funzionale del collegamento del porto alla viabilità statale ed autostradale.

 

            Il costo dell’opera

            Si è già detto dell’importo a base di gara che fu di  £ 1.300.000.000, cui deve essere aggiunto la somma a disposizione dell’Amministrazione di £ 400.000.000 destinata alle indennità di espropriazione, lavori di completamento (illuminazione, segnaletica anche semaforica, spese tecniche, etc.)

            Con il finanziamento da parte della Cassa per il Mezzogiorno delle perizie 1° e 2° di variante e suppletiva, nell’importo delle quali fu conteggiata anche la revisione prezzi, l’importo raggiunse £ 3,5 miliardi

            Gli eventi cui si è fatto cenno, peraltro, motivarono “riserve” che l’Impresa iscrisse sui registri contabili entro i termini.

            La lite sulle riserve e sulle controdeduzioni prodotte dalla D.L. e dalla Commissione di collaudo, si concluse soltanto nei primi anni 2000, con un arbitrato il cui lodo riconobbe un importo di £ 6 m.di circa all’Impresa.  Con tanto si può calcolare l’importo complessivo dell’opera in circa £ 10 miliardi.

 

            La squadra

            E’ certamente doveroso riconoscere il primato dell’Istituzione nella realizzazione di un’opera pubblica di rilevante importanza per la collettività non solo cittadina.

            E ciò anche se la giustezza di scelte ubicazionali e tipologiche più d’una volta già all’epoca e in diverse sedi fu discussa e criticata con serie argomentazioni.

            Così, dall’ideazione dell’ampliamento del porto – 1946 – fino agli ultimi anni del 1900 l’Istituzione – e qui si intende parlare di tutte le sue componenti, democraticamente formate ovvero nominate dai competenti organi del Governo centrale – hanno sempre sviluppato tutte le attività di propria competenza per portare a compimento il disegno complessivo.

            Perciò, rinviando per la citazione dei protagonisti dei livelli politico-amministrativi alle fonti archivistiche più titolate per la materia, si limiterà la citazione della “squadra” agli esecutori, al più includendovi il funzionario dell’Amministrazione comunale che durante tutto il periodo dell’esecuzione, costituì la “cerniera” insostituibile tra le due componenti, l’esecutiva e l’amministrativa.

            Cominciando perciò, dal dr. Pietro Casale, si vuole qui ricordare il funzionario che formò ed appose la propria firma forse su tutti i documenti divenuti poi atti deliberativi della Giunta e del Consiglio Comunale che, come d’obbligo in forza delle leggi e Regolamenti all’epoca vigenti, accompagnarono tutte le fasi della realizzazione dell’opera.

            Il Dirigente che ricoprì il massimo livello di responsabilità esecutiva dell’opera – includente sia gli aspetti tecnici sia quelli economici – fu l’Ingegnere Capo municipale, l’ing. Aniello Amendola, che potette vedere il completamento dell’opera giusto in tempo prima del pensionamento, avvenuto il 1° Agosto del 1985.     

Direttore dei lavori, fin dal primo tracciamento dell’asse stradale, sulle pendici a monte del rione Olivieri, all’estremità ovest dell’abitato di Salerno, fu lo scrivente che, poi, col pensionamento dell’Ing. Amendola, gli subentrò nella funzione di Ingegnere Capo, come tale, quindi, presiedendo anche agli ulteriori lavori per rendere funzionale tutta l’opera.

            Al Direttore dei lavori fu affiancato uno dei più validi ed esperti geometri dell’Ufficio tecnico municipale, il geom. Angelo Carotenuto.

            Gli successe, a motivo del pensionamento, il geom. Franco Savino che, con la saltuaria collaborazione del sig. Ernesto Laurenza, ha collaborato con il Direttore dei lavori fino al termine di tutto l’intervento.

            Per alcuni aspetti specialistici il Direttore dei lavori si avvalse anche della collaborazione degli Ingegneri funzionari dell’Ufficio tecnico municipale Parisi e Barletta e del geom. Di Donato.

            Senza soluzione di continuità si passa a citare i protagonisti dell’…ala Impresa: alla tradizionale antitesi in cui si ritiene di dover collocare il committente e l’imprenditore esecutore, è necessario, possibile, foriero di migliori risultati,   soprattutto nel caso di un’opera della importanza e della difficoltà quale quella di cui qui si parla, vedere tutti i protagonisti sul campo della concreta realizzazione accomunati con il massimo possibile impegno intellettuale e professionale, con il massimo possibile entusiasmo con la  massima reciproca lealtà.

            E così si deve citare l’ing. Bellipanni che nella sua fugace apparizione per conto dell’Impresa avviò proprio le prime operazioni di rilievo topografico prima di essere destinato ad altro cantiere fuori Italia.

            Nella organizzazione e direzione del complesso cantiere gli succedette l’ing. Alessandro Zanchini che, nonostante la giovane età, dette immediata prova di grande esperienza e temperamento, affrontando innumerevoli difficoltà, finanche nei rapporti con le maestranze, in un periodo, gli anni 1976 – ’78, di tensioni nei rapporti sindacali che in altri cantieri determinarono crisi di estrema gravità, fino al fallimento di più di un’impresa, all’ azzeramento di importanti iniziative industriali.

            E’ dalla descrizione dell’opera e dei dettagli esecutivi che risalta l’ampiezza delle conoscenze tecnologiche, l’incredibile capacità organizzativa, l’attitudine al coordinamento di tutte le forze-lavoro a partire dai più stretti collaboratori d’ufficio, ai capi-tecnici, ai capi-squadra, agli specializzati, ai semplici manovali: un insieme di oltre trenta persone, di diversa provenienza, di diversa preparazione che l’ing. Zanchini seppe fondere in un organismo di altissime efficienza e produttività.

            E tali “doti” del cantiere “viadotto” ne consentirono il passaggio di gestione ai successori, gli ingegneri Dino Mazzola, già ben ricco di esperienza,  e, poi, Alessandro Morandotti ben più giovane dei primi due, di portare a conclusione un’opera di grandissimo valore ingegneristico.

            Al fianco dei tre ingegneri operarono con non minori capacità espresse nei rispettivi ruoli i geometri Caprarrotta, De Chiara e Budetta, il ragionier Pierotti, il contabile Rigliano i capi-cantiere Signori Ferrari, Argentieri, Acchione … ed, infine, Romano.

            Anche per i direttori di cantieri come per il direttore di lavori, , nel caso soprattutto di organismi imprenditoriali di grande livello quale la “Cidonio”è attiva la supervisione da parte dell’organo dirigenziale tecnico dell’Impresa.

            Per il viadotto di Salerno la Cidonio assegnò tale mansione ad un espertissimo ingegnere, ovviamente non più giovanissimo, l’ing. Tullo Zanon anche con il quale si stabilì immediatamente una corrente di viva simpatia e, soprattutto di stima reciproca e comprensione delle esigenze, spesso difficilmente comprensibili per l’esecutore, degli itinera da percorrere nei passaggi amministrativi.

            Lo scrivente, nel corso dei lavori ha conosciuto pressoché tutti gli operai impegnativi: molti, salernitani li si incontra ancora con grande gioia, ricordando momenti particolari di quel tempo.

            Fra essi anche il sig. Natale Celenta che, purtroppo rimase coinvolto in un triste incidente del quale, fino a quindici-venti anni or sono, data dell’ultimo casuale incontro,  portava ancora l’indelebile segno del busto per reggere la colonna vertebrale.

            Insieme con lui fu coinvolto anche il sig. Vincenzo Nicolao, originario di Vietri s.m., che purtroppo non sopravvisse all’incidente, causato dalla imperfetta chiusura di un “bozzello” che avrebbe dovuto assicurare la tenuta al gancio di un cestello sul quale operavano per il varo delle travi di una delle prime campate del viadotto, lato ovest.                        

            Entrambi erano alle dipendenze di una ditta specializzata nella produzione e messa in opera delle travi prefabbricate che le aveva subappaltate dalla Cidonio S.p.A. e che si assunse ogni responsabilità dell’evento.

            Non risultano allo scrivente altri incidenti di qualche rilievo: ulteriore, magnifico sigillo alla perfetta riuscita dell’opera ed alla professionalità di tutti i protagonisti.      

Felice Bottiglieri (5)

ex-allievo Liceo Tasso a.s. 1954

(5) -      La narrazione, sviluppata alcuni anni addietro, è frutto soprattutto di paziente lavoro di memoria ma anche di ricerche documentali, in particolare fotografiche. Mi si perdonerà qualche imprecisione e qualche omissione.

Chiaramente tutta la documentazione è depositata – e consultabile - nell’Archivio storico del Comune. Risulta allo scrivente che tanto è avvenuto in occasione dell’effettuazione dei controlli sullo stato di conservazione delle strutture del viadotto conseguenti alla analoga generalizzata campagna attuata dopo il crollo del viadotto “Morandi” a Genova:  ancorchè non sussistesse il minimo dubbio sulla perfetta esecuzione delle opere, a rallegrare la serenità dei responsabili di essa è intervenuta la immancabile conferma di tanto da chi ha effettuato i controlli.

E’ possibile ancora procurare in stampe originali le foto la cui riproduzione qui deriva dalla copia a mezzo scanner, con risultati davvero modesti.