Nella storia d’Italia, quando si parla di inventori, si pensa a Galilei,Volta, Marconi ecc., però ve ne sono altri che chiamerò “Carneadi illustri”, uomini che hanno onorato il nostro Paese senza essere noti alla maggior parte degli Italiani, persone che hanno creato, migliorato o sviluppato grandi idee senza avere il supporto delle Industrie o delle Istituzioni Statali che ne finanziassero gli studi e che hanno contato solo sulla fede delle idee per dare luce alle ricerca.

A proposito di luce si sa che Edison è l’inventore della lampadina, ma la sua invenzione aveva un grosso limite:emetteva una luce rossastra e dopo pochi minuti si”fulminava”. Fu il piemontese Alessandro Cruto a rendere efficace l’invenzione, infatti utilizzando un filamento di grafite per lampada elettrica ad incandescenza ottenne quella luce chiara che abbiamo conosciuta noi.

E come non ricordare Giuseppe Ravizza, che a metà ‘800 ha inventato il cembalo scrivano? Era uno strumento che aveva i tasti come quelli del pianoforte e del clavicembalo, che non è altro che il prototipo della macchina da scrivere. Non fu prodotto su scala industriale in un’Italia che usava per scrivere la penna d’oca, perché non se ne capì l’importanza, come invece la capì la ditta americana Remington che passò a produrne milioni di pezzi. Un esemplare del cembalo scrivano è conservato al Museo di Novara,

Luigi Palmieri chi era costui? Era il Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, che nella seconda metà dell’800  ha inventato il sismografo elettromagnetico, quello strumento utilizzato per registrare i terremoti, nonché lo scopritore dell’elio sulla terra, gas che trovò nella lava del Vesuvio.

E come avremmo viaggiato in automobile senza il genio di Barsanti e Matteucci che hanno inventato il motore a scoppio o in aliscafo senza l’intuizione dell’ingegnere Forlanini? Se questi personaggi hanno contribuito al progresso scientifico, ve ne sono altri che si sono preoccupati di renderci la vita più piacevole e più comoda: in primis Gennaro Spadaccini, ciambellano presso la Corte di Ferdinando di Borbone di Napoli. Questo benemerito dell’umanità ha perfezionato la forchetta. Questa posata casalinga all’epoca aveva solo due punte e serviva soprattutto per infilzare le carni e ciò mal si conciliava con l’arrotolamento degli spaghetti di cui il re era golosissimo. Don Gennaro, allora, ebbe l’idea di portare a quattro i denti (rebbi in italiano colto), facilitando così l’arrotolamento della pasta per la gioia del re e nostra . Dopo la pasta ci beviamo un caffè espresso e di ciò ringraziamo il torinese Moriando, che inventò nell’800 la prima macchina, limitandosi, però, ad utilizzarla solo per i clienti che frequentavano i caffè, i ristoranti e gli alberghi di cui era proprietario. Il milanese Bezzerra nel 1902 perfezionò la macchina ed aprì la strada  a quei modelli che conosciamo oggi. Ma dopo un buon caffè perché non andiamo al cinema? Lo so che tutti pensano che il film sonoro sia stato inventato dagli Americani ed invece no: il primo ad ottenere il brevetto fu il messinese Giovanni Rappazzo, all’inizio degli anni venti, il quale, in seguito, non avendo disponibilità economica per rinnovare il brevetto, ne perse ogni diritto di primogenitura.

Tornati a casa ci stenderemo sul divano letto, invenzione del siciliano Bernardo Castro emigrato in America.

Ma la persona cui l’umanità deve tanto è Vincenzo Tiberio, nato a Sepino in Molise, laureatosi in Medicina all’Università di Napoli nel 1893. Da studente alloggiava presso parenti ad Arzano, un paesino attaccato a Napoli,dove nel cortile dell’abitazione c’era un pozzo di raccolta dell’acqua piovana, acqua che veniva bevuta dagli abitanti della casa. 

Sul bordo del pozzo si formava della muffa per cui, ogni tanto, lo si puliva: Tiberio notò che ogni volta che il pozzo veniva pulito gli abitanti venivano colti da infezioni intestinali, mentre ciò non avveniva quando erano presenti le muffe. Egli intuì il rapporto fra la presenza dei miceti e la crescita dei batteri all’interno del corpo umano e pubblicò le sue osservazioni ed i risultati dei suoi studi sulle muffe sulla rivista Annali di Igiene sperimentale: aveva scoperto il potere battericida di alcune muffe cioè gli antibiotici, di conseguenza, la penicillina, anticipando Fleming, ufficiale scopritore, di ben 34 anni. Il suo studio fu ignorato dagli scienziati e dai medici contemporanei, per cui deluso lasciò l’Istituto di Patologia Medica di cui era assistente e si arruolò in Marina. Passò la sua breve vita (morì a 45 anni) sulle navi militari senza aver avuto alcun riconoscimento per la sua scoperta, che molto probabilmente fu  letta da Fleming sulla rivista Annali, anche se la leggenda racconta che lo scienziato arrivò alla scoperta in modo casuale e fortuito.

Grazie Carneadi.