Oggi siamo tutti concordi nel ritenere che viviamo nella “Epoca della Scienza” e taluni ritengono che la Filosofia debba considerarsi un “conoscere superato” a causa della sua presunta generalità universale, non consona ai nostri giorni.

È davvero così? Sembrerebbe quasi che gli spazi di ricerca si siano assai ridotti e di ciò molti dei filosofi del ‘900 mostrerebbero una certa consapevolezza, tanto che hanno volto prevalentemente la loro attenzione e il loro interesse alla “metodologia”, alla “ermeneutica”, al “decostruzionismo”, ad una cura più puntuale per la “storia della filosofia”, o anche ad una riflessione più attenta alla scienza tout court.
A me sembra che l’attenzione alla scienza abbia determinato nella ricerca filosofica una tendenza alla frammentazione dei saperi che, in un certo qual modo, finisce per ripercuotersi anche nello stesso campo scientifico, sconvolgendo ad esempio complessità conoscitive quali la biologia, l’economia ed altro…
Ciò, a mio parere, a discapito di qualsivoglia produzione di verità scientifiche nella loro unitarietà. Infatti, quando scienza e filosofia coesistevano (si pensi a Galileo, a Newton, ad Einstein) si mirava al raggiungimento di una “visione del mondo”. Il “particolare” sembra aver scacciato “l’essenziale” e non costituisce né persegue una “concettualità comune”. Ogni scienza si chiude nel suo ambito senza valutare l’eventuale incompatibilità con altri ambiti pure fondamentali.
Alcuni ritengono che questo sia il “ male attuale”: l’irrazionalità imperante. Si produce, cioè, un vero e proprio disorientamento che è profondo e diffuso. Prevalgono approssimazioni, credenze, leggende, dogmi.
È in questo ‘caos’ che dovrebbe rientrare la FILOSOFIA che, recuperando ogni sintesi sistematica e razionale, spazzi via informazioni improprie, tuttologi, dilettantismi pericolosi. Sarà possibile ricomporre un quadro sistematico? Saper “leggere” il presente e ritrovare una strada unitaria per comprendere il mondo del quale siamo abitanti? Credo che sia, per noi, un dovere che scaturisce dalla nostra appartenenza a quella cultura che nei filosofi dell’Antica Grecia e della Roma Repubblicana aveva individuato i fondamenti del vivere civile e della possibile elaborazione di conoscenze fondate sulla razionalità di indagini indispensabili ad ogni umano progresso.