Qualcuno si chiederà perché questo articolo su Dante non èstato scritto da un professore di Italiano, ma da un appassionato, ebbene la risposta è da trovare in quella forza culturale che il Liceo Tasso ha dato ai suoi alunni per continuare a seguire “virtute e canoscenza”.

“Memoria minuitur nisi eam exerceas”, questo pensiero di Cicerone è stata la guida degli studenti del  liceo  di  una  volta, quando  si  imparavano, a  memoria, i canti  più  importanti  della  Divina Commedia. Era  un  notevole  sforzo  mentale, che  però  ancora  oggi  ci  consente  di  utilizzarei  versi più famosi nel nostro lessico quotidiano: “Non ragionar di lor, ma guarda e passa”, “Galeotto fu il libro  e chi  lo  scrisse”, “Uscimmo a  riveder  le  stelle”, “ Vuolsi  così  colà  dove  si  puote ciò  che  si vuole e più non dimandare” e tanti altri. Per rispondere alla domanda... diabolica del professore di italiano su quella zona dell’Inferno detta Malebolge:  “ Come  sono  suddivisi i  dannati, per  ciascuna delle proprie  colpe,  nelle 10  bolge dell’ottavo cerchio ?”, lo studente ricorreva ad un artificio mnemonico usando una frase che si era inventata e  che  aveva  in  testa : “SA, SIBIL, COSE, FA” e cioè:  Seduttori, Adulatori, Simoniaci, Indovini, Barattieri, Ipocriti, Ladri, Consiglieri fraudolenti, Seminatori  discordie  e  scismi, Falsari: aveva  utilizzato  tutte    le iniziali  dei  peccati  per  sette  volte  e le due  lettere  iniziali  per  le  altre  tre . Aveva fatto una bella figura e ottenuto un buon voto!

Ma questo sistema è ingenuo, se si pensa alle tecniche mnemoniche che deve aver usato Dante, che è conosciuto, anche, per la sua prodigiosa memoria. Quest’uomo di cui conosciamo, grazie a Giotto o alla sua scuola, la figura con il naso aquilino, nella sua veste rossa (la veste rossa era quella che identificava  l’appartenenza  all’Arte  dei  medici  e  speziali, ma non   significava   che   chi   vi appartenesse era   medico   o   esperto   in   erbe medicinali), ha vissuto la sofferenza dell’esilio e ha  dovuto  errare, senza famiglia, per  l’Italia  in cerca di protezione presso i Signori dell’epoca che certo   non   brillavano   per   cultura. Si   racconta, infatti, chequando  si  trovava  a  Verona, i  Della Scala  apprezzassero  il  loro  buffone  più  di  lui. Avendogli  un  amico  espresso  la  sua meraviglia per una tale preferenza, Dante rispose: “Non sono sorpreso, ogni     simile     ama     il     suo     simile”. Nonostante   tutte   le   difficoltà   che   ha   dovuto affrontare  nella  sua  vita, grazie alla  molteplicità del suo “multiforme ingegno” ha  scritto  un  capolavoro  assoluto. La  Commedia è  un  arcipelago infinito di  riferimenti  e  notizie  di  ogni genere: poesia, religione, scienza, filosofia, matematica, astronomia, storia, geografia, teologia ecc., il segno di una cultura straordinaria, frutto di un numero incredibile di letturee di studi, di una ineguagliabile fantasia e di una smisurata memoria.

Se è presumibile che nel periodo fiorentino Dante possa aver studiato su libri di varia natura in suo possesso o presso i conventi,che erano i depositari della cultura, ciò appare più difficile nel periodo dell’esilio, poiché, essendo  in  condizione economiche  modeste, non  poteva  permettersi una biblioteca  personale  o l’acquisto dei grossi volumi copiati  dagli  amanuensi in  un  secolo  in  cui la stampa non era stata ancora inventata ed il possesso di libri era un lusso per pochi. Forse aveva libri dei suoi amati Boezio, Virgilio, Omero, la Bibbia, la Poesia provenzale, ma il continuo vagabondare presso  i  Signori di  Verona,  Forlì, Lucca,  Ravenna, rendeva  difficoltosa la  disponibilità di  fruire  di libri in un’era in cui l’analfabetismo era dominante: non c’era “internet” e  quindi non  poteva attingere a molte fonti, se non a quelle miriadi di informazioni già impresse nella sua memoria o ai tomi conservati  nei  monasteri. Una cultura  enciclopedica  e  una memoria  straordinaria, la  sua, se nella Commedia può parlare, non solo dei Grandi personaggi, ma anche di quelli minori dell’Iliade, dell’Odissea, della  storia  romana  e  greca, di  fiumi, di  montagne, di  piccoli paesi, ricorrendo  a tecniche  mnemoniche  insegnate  diffusamente  nel  Medio-Evo per  imparare, creare e fissare: un’epoca di certami dialettici  in  cui  si  scontravano  diverse scuole  di  pensiero, per  cui  la  mente doveva  essere  sempre  pronta e  lucida  per controbattere alla  domanda  dell’avversario.  A  tale proposito Boccaccio, autore del “Trattatello in laude di Dante”, racconta che Dante si recò a Parigi, (ma ciò non è storicamente accertato), avendo compreso che non sarebbe tornato in Patria, e stupì per  le  sue  conoscenze  gli  interlocutori “.....e  quivi ad  udire  filosofia  naturale  e  teologia  si  diede, nelle quali in poco tempo s’avanzò tanto, che fatti e una e l’altra volta certi atti scolastici, siccome sermonare, leggere e disputare, meritò grandissime lodi dai valenti uomini”. La  sua  memoria era  talmente  leggendaria  che  circolò  un  aneddoto: un  giorno  Dante  si  trovava  a Firenze  ad  ammirare  il  panorama  della  città, quando  gli  si  avvicinò  un  tale  che  gli  chiese  quale fosse, secondo lui, il boccone più buono: il poeta rispose “l’uovo”. Passarono gli anni e quel tale lo incontrò ancora e avvicinatosi a Dante gli chiese “come?” “con il sale” rispose il poeta. La Commedia è disseminata di parole come ricordo e memoria: “Ricordati di me che son la Pia”, “Nessun  maggior  dolor  che  ricordarsi  del  tempo  felice  nella miseria..”, “Così  la  mia  memoria  si ricorda ch’io feci riguardando ne’belli occhi onde a pigliarmi fece Amor la corda”, “Ricordati lettor se mai nell’Alpe ti colga nebbia per la qual vedesi...”, “..che nel pensier rinova la paura”, e tantissime altre, insomma elementi fondamentali per quella mente che egli aveva esercitato sempre e che gli hanno consentito di scrivere un monumento della letteratura mondiale.

Un’ulteriore prova della fede che aveva nella memoria la troviamo nel Secondo canto dell’Inferno quando il Poeta dice “O  Muse, o alto ingegno, or m’aiutate; o mente che scrivesti ciò che io vidi, qui si parrà la tua nobilitate”, la mente ovvero la memoria deve aiutarlo a ricordare tutto quanto ha visto nel suo viaggio. Lai nvocazione non è casuale, infatti, la madre delle Muse è Mnemosine, la dea della memoria. Dante  è  immortale  e  per  lui  non  vale questo pensiero “l’oblio è una seconda morte che gli animi grandi temono più della prima”.