Ercole sedeva da solo all’ultimo banco sotto la finestra. Non dimostrava la sua età perché aveva spalle larghe, mani grandi e forti e i muscoli della coscia sembravano colonne brunite dal sole caldo sotto pantaloni corti e stretti.

A definirne il viso i capelli corvino spessi come i serpentelli della Medusa e come lei diventava la sua espressione quando si adirava. Incuteva paura e tutti diventammo suoi amici. Ercole dopo la licenza media non l’ho più rivisto perché emigrò con tutta la sua famiglia in America e coerente con il suo fisico divenne un pugile di successo.
Erano passati anni e non pochi quando una sera d’estate richiamato dalle pagine del libro che leggevo rividi Ercole che mi chiese di ricordarlo. Leggevo in uno strano dormiveglia, strappando le pagine al sonno che mi assaliva a ondate, di Varrone. Il libro parlava della presenza dell’Ercole della mitologia, del suo passaggio in Etruria. Dal racconto scaturiva la forza del mito che risvegliando la mia fantasia occupò gli angoli in penombra della stanza animandoli. Vidi le pagine del libro prendere forma sulle pareti come sul grande schermo e fui rapito fuori dal tempo e dalla realtà in un’emozione di luci e avvenimenti. Il giorno dopo raccontai agli amici con dovizia di particolari innamorato dallo sguardo di chi ascoltava che Ercole quella sera si era eretto in tutta la sua nudità, in tutta la forza e con un urlo che spostò l’asse della terra aveva affondato con rabbia l’asta che stringeva tra le mani dopo averla portata all’altezza della spalla, un marmo venato di blu. Con un colpo violento l’aveva infissa profondamente nella terra fino a fecondarne il cuore dal quale era scaturita una scheggia d’acqua che saltò al settimo cielo e curvandosi dalla sommità era ricaduta inondando in un fragore estremo la terra e il mito che ne sancì la sua paternità divina. Lentamente poi facendo fulcro sui fianchi, si girò togliendomi il respiro. Mi guardò e vidi la sua fronte solcata da tre linee rette profonde e inaccessibili disegnate da un aratro immaginario. Posai il libro. Lo tenni aperto con le dita della mano come un amico rassicurante e vidi Ercole, il suo banco e un tratto di strada incartato dai ricordi.
La storia dell’uomo ippocratico fatta di aria, terra, acqua e fuoco si identifica, innumerevoli volte, con il percorso di un fiume o l’alterno movimento delle onde del mare.
La burocrazia romana catalogò nel grande libro della storia della medicina le acque minerali per caratteristiche e azioni terapeutiche. “Corpora non agunt nisi soluta “… tutte le sorgenti calde posseggono attività medicamentose in quanto l’acqua riscaldata a lungo in sostanze disgreganti acquista nuove proprietà quando viene impiegata. “Le sorgenti solforose ricostituiscono le funzioni dei nervi…” scrive Vitruvio osservatore attento dei fenomeni termali. L’acqua salso solfato alcalina cura l’artrosi e il reumatismo. Sul bancone di un ideale farmacia c’è la consapevolezza che la natura con i suoi elementi è il miglior medico che guarisce l’80% delle malattie e …non è pettegola o competitiva nei confronti dei colleghi.
La varietà di acque è una ricchezza provvidenziale per la salute, un fondo senza fine di attività terapeutiche e testimonianze sul loro effetto. Scribonio nell’incarnato evanescente della canuta vecchiaia somministra al Pretore Milone Gracco le acque pisane e con il pallottoliere del successo raccoglie 50 pietre espulse e la gratificazione del paziente. A poca distanza, chiodo scaccia chiodo, le Fontes Clausinii diluiscono con la loro forza l’ultima “gutta” dalle articolazioni di Cesare Augusto e Orazio. Le terme diventarono un elemento importante nella vita sociale dei romani e intorno alle terme i romani costruirono le loro ville, le loro giornate.
Il Medioevo, crepuscolare e solitario, è costellato da storie sulla proprietà miracolosa delle acque termali. Perché le storie narrate sono argomento di speranza per esorcizzare la morte nera per peste e la cattiveria. Dio è profondamente stanco dell’uomo, la sua ira non viene placata da rituali e processioni. I fiumi sacri e le arti termali diventano una teurgia da contrapporre, un incarnato di narrazione e mirabilia. Acqua che scorre animata, acqua che giudica la colpevolezza nelle ordalie. Increduli si parla nelle locande, nel chiuso delle case che i morti ritornano in vita se immersi, i sordi riacquistano l’udito, gli orbi la vista. Grotte, vapori, acque che sgorgano da profonde oscurità, dal magma impazzito in una danza di lingue di fuoco che portano in superficie quanto di più nascosto e impenetrabile esista: il cuore della terra, i suoi umori, il mistero e tutto sembra racchiudersi in una visione mistificatrice. San Gregorio Magno colloca nelle Terme il Purgatorio e in qualità di possessore delle chiavi ridisegna il potere divino dei Papi e in una realtà di acqua e fuoco sprofonda il diacono Simmaco colpevole di aver parteggiato per l’Antipapa.
Ma non è più tempo di favole. Il libro dei cieli resta aperto ma i suoi fenomeni vengono studiati da Galileo con linguaggio matematico e con l’osservazione scientifica. Ora che tutti gli ingredienti sono svelati, numerati prende forma un tempo di arte e scienza. Una diversa lettura dei fenomeni libera l’uomo dalle paludi delle credenze, delle capacità e della storia diversificando la realtà dall’immaginazione. E’ acqua in movimento che fa sorgere i primi ospedali in prossimità delle Terme e contribuisce a erodere la Civitas Ippocratica Salernitana perfetta integrazione di culture diverse, superba di scienza e veleni ma poco attenta al fenomeno del termalismo.
Sono città di acqua e fuoco che risalgono le pendici del Vesuvio, ricche di contraddizioni e dove il fenomeno termale è espressione tra tante di una terra inquieta che rimescola vita e morte, calchi di gessi senza anima, antiche mura vestigia di un passato superbo. L’emergente cultura dell’Ateneo partenopeo incoraggia il termalismo tra le popolazioni del puteolano.
Sit finis libris non finis quaerendi. L’acqua è storia, un'avventura senza fine che si ripete anche ai nostri giorni in chi, nel silenzio di un laboratorio, crede di aver intravisto nelle sue molecole, una strana animazione, una memoria, un codice ideale dove sono trascritti i segreti della civiltà dell’uomo fino ai giorni nostri. I ricordi dell’antico, di quanto è in cielo, in terra e sotto terra forse il principio stesso della vita. Quel principio spiato da potenti cannocchiali, da uomini febbrili di sapere e inquieti alla ricerca di acqua come elemento predittivo di una eventuale presenza dell’uomo su altri pianeti.
“L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quelle che andò e la prima di quelle che viene. Così il tempo presente” (Leonardo da Vinci). Il destino dell’uomo è legato a quello delle acque. Il serpente Ouroboros mordendosi la coda racchiude l’universo di tempo e spazio in una trappola circolare e perfetta “perché è simile all’acqua: e muta ogn’anno insieme con la vecchiezza la pelle. Per la qual cosa il tempo faccendo ogn’anno mutamento nel mondo, diviene giovane”. Passato e futuro sono l’ultima e la prima inesauribile acqua che scorre e diventa un presente inamovibile dalla logica del tempo.
Quanta è la distanza che divide il passato dal presente? Non totalmente il tempo moderno può darcene la misura e rassicurarci che aspettative e circostanze non possano nuovamente mutare l’attenzione e inchiodare l’attesa sulla speranza e sul mistero piucché sul progresso quando prende atto impotente dei fenomeni dell’esistenza. La terapia termale è l’insieme di una molteplicità di azioni e credenze che ha fatto discutere uomini di cultura in ogni epoca sul significato che l’acqua, simbolo universale, esercita sul malato, una più complessa interpretazione non indifferente al simbolo oltre che alle certezze della scienza.