Ho trascorso, recentemente, una vacanza nella splendida cittadina di Amalfi.
Camminando lungo la strada centrale, ho notato che le pietre miliari della SS. 163 - Amalfitana, nel centro cittadino, sono diverse da quelle che si incontrano sulle altre strade statali.

Quelle di Amalfi hanno una caratteristica particolare: non sono di pietra o metallo ma di ceramica, certamente opera di un artigiano locale.
Belli a vedersi, questi cartelli posti lungo il margine della strada richiamano la millenaria tradizione ceramica della nostra splendida Costiera, altrimenti definita - e a ragione - “divina”.
Tale sorpresa, ha subito risvegliato in me il ricordo delle pietre miliari collocate lungo le vie consolari dell’antica Roma, opere di grande ingegneria che univano le varie regioni dominate dai Romani e che consentivano lo sviluppo dei commerci e della conoscenza.
La pietra miliare è un cippo iscritto, posto sul ciglio stradale, utilizzato per scandire le distanze lungo le vie pubbliche romane. La forma più con-sueta è quella di una colonna, che da piccoli cippi può arrivare fino a 2,50 m di altezza e a 2,00 m di circonferenza. I miliari riportano un'iscrizione, il cui testo è redatto in uno stile particolare, con abbreviazioni e sigle; sono in genere caratterizzati dall'indicazione della distanza in miglia (1 miglio romano = 1.480 m circa), da sola o con la scritta m(ilia) p(assum), tale distanza veniva calcolata dal punto di partenza della strada oppure dalla città più vicina. Nella quasi totalità dei miliari sono riportati il nome e le titolature del magistrato o dell'imperatore che fece costruire o restaurare la strada, talvolta seguiti da verbi come fecit, munivit, refecit, stravit. Quando questi dati mancano e compare solo una dedica si può ipotizzare uno scopo celebrativo e onorario del monumento.
Conosciamo tutti la via Appia che collegava Roma e Brindisi, a quel tempo il più importante porto per la Grecia e l’Oriente. Dal porto di “Brundisium”, come in una sorta di “Grand Tour” dell’antichità, partivano i rampolli delle famiglie patrizie romane che si recavano in Grecia per completare la propria formazione, per conoscere ed approfondire la cultura di quel paese, per incontrare filosofi, poeti ed artisti, in quella Grecia che “capta ferum victorem cepit”.
Il poeta Orazio, influenzato da una satira di Lucilio a carattere odeporico (cioè dedicata alla descrizione di un viaggio), ci ha lasciato una sua satira (la V del Primo Libro dei suoi ‘Sermones’), una sorta di coinvolgente taccuino di appunti (noto come ‘iter brundisinum’) su quanto avvenne lungo le 360 miglia (circa 580 km) del percorso svoltosi lungo la via Appia.
Leggendo questa satira, ho immaginato Orazio che contava le pietre miliari che incontrava lungo il viaggio, regolandosi così sulle distanze percorse e quelle ancora da percorrere, così come noi oggi facciamo utilizzando il GPS.
Ancora oggi, incontriamo sulle strade statali le pietre miliari sia le antiche che le attuali, di forme e materiali diversi (pietra, metallo …) che ci accompagnano lungo il viaggio e ci informano sulle distanze; addirittura, le troviamo anche su qualche sentiero di montagna.
Ma la più bella è per me quella utilizzata sulla Statale Amalfitana, che ha catturato tutta la mia attenzio-ne e mi ha spinto ad un approfondimento sull’argomento.