Il mosaico è una tecnica di composizione artistica che utilizza frammenti di materiali vari, chiamati tessere, per ricoprire superfici. Nata in Mesopotamia nel III secolo avanti Cristo, la tecnica musiva si diffonde nel mondo ellenistico e romano acquisendo caratteri via via più raffinati.

Inizialmente è una semplice copertura con pietre, vetri, sassi, conchiglie, usata per proteggere muri e pavimenti dalle intemperie e dall’usura; ben presto allo scopo pratico si affianca una ricerca estetica, a carattere prevalentemente geometrico, come si evince dai reperti archeologici di Uruk. I Sumeri, infatti, usavano inserire nella malta coni di argilla con la base colorata di bianco, rosso e nero, ottenendo rudimentali motivi di tipo geometrico.
Problema essenzialmente geometrico è il ricoprimento di una superfice con la ripetizione di elementi uguali, accostati senza sovrapposizioni e senza lacune. Volendo usare solo poligoni regolari la scelta si riduce a quelli in cui l’ampiezza degli angoli interni è un sottomultiplo dell’angolo giro, cioè al triangolo equilatero, con angoli di 60 gradi, al quadrato, con angoli di 90 gradi, e all’esagono, con angoli di 120 gradi. In un ricoprimento con elementi triangolari in ogni vertice concorrono 6 piastrelle, in quella con elementi quadrati 4 piastrelle, in quella con elementi esagonali 3 piastrelle. Naturalmente sono possibili numerose altre combinazioni usando nello stesso ricoprimento poligoni diversi.
Profondo è il rapporto tra il mondo fisico e la limpida bellezza dei numeri. La geometria non è solo studio delle proprietà delle figure o ricerca di regole per calcolare aree e volumi; essa è anche ricerca e scoperta del bello racchiuso nella regolarità, nella simmetria, nella proporzione tra le dimensioni di una figura o di un elemento architettonico. La riuscita estetica di un’opera dipende anche dal suo essere armoniosamente proporzionata, dall’euritmia generata dal ripetersi di un particolare rapporto metrico, sia delle parti fra loro, sia delle parti col tutto. I geometri hanno scoperto in natura un rapporto particolarmente armonioso, detto rapporto aureo, che si ripete nella disposizione dei petali di una rosa, nelle spirali di una conchiglia, negli ammassi stellari; tale rapporto tra un tutto e una sua parte è un numero, indicato con la lettera dell’alfabeto greco Φ in onore del grande scultore Fidia, numero assurto a simbolo dell’armonia dell’universo; dalla sua ripetizione scaturisce una “divina proportione” che in architettura genera armoniose spirali.
L’arte del mosaico declina il paradigma dell’armonia in sintonia col contesto culturale in cui si realizza, assumendo pertanto un prezioso ruolo di testimone di civiltà passate. I mosaici di Piazza Armerina, nella provincia di Enna in Sicilia, documentano aspetti della vita quotidiana di un popolo, quelli bizantini esprimono la tensione dell’uomo alla trascendenza e la concezione dell’origine divina del potere imperiale, quelli dell’Alhambra a Granada rivelano le profonde conoscenze geometriche degli Arabi. La Villa del Casale di Piazza Armerina è un edificio romano scoperto nel 1950, datato dagli archeologi nel IV secolo, attualmente ricoperto per proteggere strutture e mosaici. La pianta mostra una residenza di notevole ampiezza e comprendente un ingresso con cortile a forma di ferro di cavallo, una corte con peristilio quadrangolare, un complesso termale, numerose stanze di rappresentanza e cubicula per il riposo, il tutto riccamente decorato con mosaici. Si ignora il nome del proprietario, ma l’ampiezza del complesso e la tematica dei mosaici rimanda a un signore aristocratico, ricco colto e raffinato, ospite munifico e amante della vita. Scene di caccia e pesca, gare nel circo, ricevimenti e banchetti, spettacoli di atlete danzanti coperte da un semplice bikini, episodi epici e mitologici, testimoniano il censo e la cultura del signore che, in ossequio al sacro, onora nel Sacello dei Lari gli Dei protettori e gli antenati.
Diverse la tecnica e la tematica dei mosaici bizantini dell’Impero Romano d’Oriente. Ravenna, Capitale dell’Esarcato d’Italia dal 540 al 751, incaricata della protezione e della difesa dei territori dell’Impero dalla minaccia longobarda, si arricchisce di basiliche splendidamente decorate. Canoni dell’arte musiva bizantina sono la religiosità, la stilizzazione delle figure che appaiono appiattite, come smaterializzate, a simboleggiare l’aspirazione al divino, il fondo dorato e luminoso a simboleggiare l’anelito al trascendente. L’arte musiva bizantina declina temi essenzialmente religiosi, come Cristo, la Madonna, i Santi, episodi biblici e, poiché non est auctoritas nisi a Deo, anche l’Imperatore e sua moglie.
Rigorose concezioni religiose e profonde conoscenze geometriche ispirano l’arte islamica nella rappresentazione del sacro e del bello.
Cristianesimo e Islamismo, religioni monoteiste fondate entrambe sul Logos, si differenziano profondamente: il Dio cristiano da Verbo si è fatto carne assumendo sembianze umane, il Dio islamico è rimasto Logos, Parola e, come tale si può raffigurare solo scrivendone il nome. Pertanto l’arte islamica decorativa si esprime in calligrafie, arabeschi e mosaici, rifuggendo dal campo figurativo che potrebbe sfociare nell’idolatria. Nei luoghi sacri, oltre al nome di Allah, ricorrono calligrafie di lodi e preghiere, in quelli profani spiccano versi di liriche amorose. Gli arabeschi fondono motivi grafici ricorsivi e iscrizioni in composizioni caratterizzate da sinuosità, intrecci e simmetrie. Nei mosaici il ricoprimento, senza sovrapposizioni e senza spazi vuoti, è ottenuto mediante moduli che si ripetono, disegni minimi traslati, ruotati, riflessi in tutti i modi permessi dalle isometrie della geometria piana e con tante varianti di colore.
Il matematico inglese Harold Coxeter afferma che l’arte di riempire il piano con uno schema ripetuto raggiunse il suo massimo sviluppo nella Spagna del XIII secolo, dove i Mori, grandi studiosi di matematica, riversarono le loro conoscenze geometriche nell’arte usando tutti i 17 gruppi di simmetrie nelle decorazioni musive dell’Alhambra. La loro preferenza per gli schemi astratti era dovuta alla stretta osservanza del precetto coranico: Tu non disegnerai alcuna figura di essere vivente.
Le tessere musive scrivono pagine di pietra nel libro della storia.